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Carcinoma della mammella: domande e risposte

È il tumore maligno più diffuso nel sesso femminile. Umberto Veronesi ne ha fatto il centro della propria carriera di oncologo. Stiamo parlando del carcinoma della mammella.

Che cos’è il tumore alla mammella

È una neoplasia epiteliale maligna della ghiandola mammaria, cioè, più semplicemente, una formazione patologica di nuove cellule che crescono in modo incontrollato e anomalo all’interno di questa ghiandola. Se ne distinguono due tipi principali: il carcinoma lobulare, così chiamato quando origina dalle cellule dei lobuli mammari, e il carcinoma duttale, termine che invece definisce il tumore originato dalle cellule di rivestimento dei dotti ghiandolari. La ghiandola mammaria è infatti costituita da 15-20 lobi immersi in tessuto adiposo (quello che conosciamo comunemente come “grasso”), ognuno dei quali si compone a sua volta di numerosi lobuli, contenenti le unità deputate alla produzione del latte, e fa capo ad un proprio dotto escretore, o dotto galattoforo, che si divide ripetutamente all’interno dei singoli lobuli. Il tumore poi può rimanere confinato allo strato di cellule dove è nato, senza invadere i tessuti più profondi del seno né altri organi del corpo, oppure si può sviluppare oltre questo: nel gergo medico, si parla rispettivamente di carcinoma in situ e infiltrante.

Tumore alla mammella: quanto è diffuso

È la neoplasia maligna più frequente in assoluto nella popolazione femminile, nonché la prima causa di morte per tumore nella stessa, e la sua incidenza è in continuo aumento: nel rapporto appena presentato al Ministero della salute si legge che il numero stimato di nuovi casi di tumori alla mammella è cresciuto dai 51.000 del 2017 ai 52.800 del 2018, ma il trend d’incidenza appare in aumento da decenni (+0,3%/anno dal 2003 al 2018) accompagnato però da una continua e significativa riduzione della mortalità (-0,8%/anno). Questo significa, in poche parole, che si fanno più diagnosi ma sempre meno donne muoiono a causa di questo tumore. Com’è possibile? Screening, ovvero esami periodici eseguiti su donne senza segni di malattia, che hanno lo scopo di intercettare un eventuale tumore quando è ancora in fase precoce e può quindi essere curato con maggiore efficacia e con terapie poco invasive.

Nel nostro Paese sono attivi dalla metà degli anni ‘90 programmi di screening gratuiti organizzati dalle aziende sanitarie locali che spediscono ogni 24 mesi una lettera di avviso a tutte le donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni (alcune regioni stanno coinvolgendo anche le over 45, estendendo così il target di riferimento) e prevedono l’offerta attiva della MAMMOGRAFIA.

Screening e mammografia: l’importanza della prevenzione

Si tratta di un esame radiologico della mammella efficace per identificare precocemente i tumori del seno, in quanto consente di evidenziare addensamenti, microcalcificazioni e noduli anche di pochi millimetri. La dose di raggi X utilizzata è molto bassa e i rischi ipotetici sono decisamente inferiori ai benefici. Un ampio studio pubblicato nel 2012 sul Journal of Medical Screening, che ha passato in rassegna le ricerche pubblicate sui programmi di screening per il cancro al seno attivi in Europa, ha mostrato che per le donne che si sottopongono allo screening la mortalità si riduce del 25%.

N.d.r: se hai un’età compresa nelle fasce indicate sopra e non hai ancora ricevuto la lettera, rivolgiti alla tua ASL per essere inserita negli elenchi e accedere gratuitamente all’esame mammografico.

La ricerca in tema di diagnosi precoce del tumore alla mammella resta comunque attivissima e sta arricchendo la medicina di nuove importanti scoperte, fornendo alle donne armi sempre più potenti con cui difendersi da questa malattia. Per esempio uno studio condotto da ricercatori dell’Azienda Sanitaria di Reggio Emilia e pubblicato sulla rivista Radiology, ha dimostrato che la MAMMOGRAFIA DIGITALE IN TRE DIMENSIONI, rispetto a quella standard in 2D, è in grado di diagnosticare molti più tumori di piccole dimensioni, scovando neoplasie che sfuggono alla sola mammografia. La speranza è che l’Europa possa presto seguire l’esempio degli Stati Uniti, in cui la combinazione tra i due tipi di mammografia viene già utilizzata nello screening.

Al di là dello screening programmato poi, è sempre consigliabile per tutte le donne effettuare il cosiddetto  SCREENING SPONTANEO, ovvero pianificare insieme al proprio medico un programma di controlli personalizzato anche prima dei 50 anni, con regolari visite senologiche, ecografie mammarie e mammografie anche annuali soprattutto nelle pazienti con familiarità per questa malattia e predisposizione genetica.

Ai fini della diagnosi precoce però, riveste ancora un ruolo molto importante l’autoesame del seno o autopalpazione, un esame semplice e salva-vita che una donna può effettuare da sola a casa per imparare a conoscere il proprio seno, così da saper riconoscere eventuali cambiamenti nelle diverse fasi del ciclo mestruale e alterazioni, anche minime, che rendono la mammella “diversa dal solito”. Nessun cambiamento è troppo piccolo per chiedere informazioni al proprio medico.

Come si effettua? Innanzitutto bisogna posizionarsi a torace nudo in un ambiente ben illuminato davanti ad uno specchio e osservare i due seni, prima con le braccia lungo il corpo, quindi con le braccia sollevate al di sopra della testa, sia di fronte che di profilo. Si inizia quindi l’autopalpazione: il braccio del seno da esaminare rimane sollevato mentre con l’altra mano (piatta con le dita unite) si tocca delicatamente tutti settori della mammella, facendo scorrere le dita dall’esterno verso l’interno fino ad arrivare all’areola e al capezzolo. Naturalmente la stessa operazione va ripetuta per entrambi i seni, prima in posizione eretta e poi supina. Ricordarsi poi di esaminare sempre anche il cavo ascellare.

Quali sono i particolari a cui stare attenti?

  • Cambiamenti di forma e dimensioni di uno o entrambi i seni.
  • Comparsa di noduli nel seno o nella zona ascellare.
  • Secrezioni dai capezzoli o anomale rientranze degli stessi.
  • Alterazioni della cute del seno (avvallamenti, ispessimenti o arrossamenti).

Ogni quanto va eseguita?
Andrebbe eseguita ogni 2 mesi, dai 20 anni in poi, preferibilmente due o tre giorni dopo il termine delle mestruazioni, quando il seno non è più gonfio a causa del ciclo.

Curiosità per le più e i più tecnologici: negli ultimi anni sono nate app come “Lilt Fi seno”, la prima di questo genere in Italia, e “Pianeta seno”, applicazioni gratuite e di facile consultazione per smartphone e tablet per guidare le donne in un percorso di informazioni sul tumore della mammella e sulle strutture sanitarie dedicate, utili per fare le scelte giuste in campo di prevenzione primaria e secondaria.

Quali sono i principali fattori di rischio?

I fattori di rischio per il tumore al seno, ovvero tutto ciò che aumenta la probabilità individuale di ammalarsi di questa malattia, si dividono in due categorie: quelli che non possiamo modificare e quelli che invece possiamo modificare, almeno in parte, perché spesso dipendono dalle nostre abitudini e dagli stili di vita.

Tra i fattori di rischio non modificabili ci sono:

  • IL GENERE: essere donne è il principale fattore di rischio e non si tratta di una specificazione inutile perché il tumore al seno non è una malattia solo ed esclusivamente femminile, come si potrebbe pensare: anche gli uomini infatti, seppure in percentuale nettamente inferiore rispetto alle donne, possono svilupparlo.

  • L’ ETÀ: la probabilità di ammalarsi aumenta con gli anni, tant’è che oltre la metà dei casi si riscontra in pazienti con più di 50 anni. Fino a 49 anni la probabilità di sviluppare il tumore è del 2,3%, quindi sale al 5,4% tra i 50 e i 69 anni e al 4,5 tra i 70 e gli 84.

  • FATTORI RIPRODUTTIVI: menarca precoce, menopausa tardiva, nulliparità (non avere avuto gravidanze) e prima gravidanza in età avanzata aumentano il rischio. Questo aumento sembra dipendere da un periodo più lungo di esposizione agli estrogeni e al progesterone prodotti dall’organismo femminile.

  • LA FAMILIARITÀ: avere un parente di primo grado con un tumore al seno aumenta il rischio di ammalarsi.

  • LE MUTAZIONI GENETICHE: il 10% dei carcinomi mammari dipende da difetti in specifici geni e si trasmettono dai genitori ai figli (sono cioè ereditari). Le mutazioni più frequenti riguardano i geni BRCA1 e BRCA2, che in condizioni normali aiutano a riparare i danni al DNA e quindi a prevenire la formazione di cellule cancerose. Per stabilire se si è portatori di mutazioni in questi due geni esistono dei test genetici (che si eseguono tramite un normale prelievo di sangue), cui si può accedere dopo una consulenza genetica.

Quando si deve sospettare un rischio genetico-ereditario?

  • Se tra i parenti prossimi ci sono stati due o più casi di tumore al seno, soprattutto se il tumore è comparso prima dei 40 anni, se si è manifestato in entrambi i seni e se tra i familiari colpiti ci sono degli uomini.
  • Se tra le parenti prossime ci sono stati casi di tumore all’ovaio.

Invece i fattori di rischio che possiamo modificare includono:

  • SOVRAPPESO E OBESITÀ: essere in sovrappeso od obese specialmente dopo la menopausa è uno dei principali fattori di rischio per il cancro al seno. Si sa infatti che il tessuto adiposo produce estrogeni che vanno ad agire sulla ghiandola mammaria causandone un’eccessiva stimolazione ormonale. L’obesità inoltre può ridurre le possibilità di guarigione quando ormai il cancro è presente: alcuni studi hanno dimostrato che a parità di terapia le pazienti obese rispondono ai trattamenti fino al 35% in meno rispetto alle donne normopeso.

  • SCARSA ATTIVITÀ FISICA: la sedentarietà è un vizio pericoloso che deve essere combattuto fin da giovani. Sono sempre di più ormai le prove scientifiche che dimostrano l’importanza dell’attività fisica nel ridurre il rischio di tumore in generale, e in particolare proprio al colon e al seno;

  • FUMO E  ALCOL: possono contribuire ad un più elevato rischio di cancro al seno. Si consiglia quindi di limitare il consumo di alcol e di smettere di fumare. ogni volta che accendi una sigaretta ricordati che non stai facendo male solo ai tuoi polmoni ma anche al resto del tuo corpo!

  • DIETA: l’alimentazione può contribuire allo sviluppo o alla crescita di un carcinoma della mammella, ma mancano prove definitive sull’effetto di diete particolari (ad esempio diete particolarmente ricche di grassi saturi);

  • L’USO DELLA TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA IN MENOPAUSA: le terapie a base di estrogeni e progesterone utilizzate per alleviare i sintomi della menopausa e il rischio di osteoporosi, soprattutto se usate per lunghi periodi di tempo, sembrano poter aumentare di 3-4 volte il rischio di ammalarsi. Per quanto riguarda invece i contraccettivi orali, il loro utilizzo si associa ad un aumento del rischio assoluto molto lieve, che si riduce nei 10 anni successivi alla loro interruzione.

 Lisa Sant

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