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Disprassia a scuola: cos’è e come aiutare il bambino disprassico

Il significato e i sintomi della disprassia sono ancora sconosciuti persino agli educatori o insegnanti che dovrebbero essere esperti dell’età evolutiva.

Per questo motivo, anche la disprassia a scuola spesso non viene riconosciuta. Molte difficoltà dei bambini disprassici passano inosservate fino al trasferimento alla scuola secondaria.

In questo articolo vogliamo spiegare bene cosa significa disprassia per aiutare chi lavora con i bambini a riconoscere i sintomi in tempo e intervenire con una terapia adeguata il prima possibile.

Cos’è la disprassia

La disprassia, che affligge il 6% della popolazione tra i 5 e gli 11 anni e fa parte dei Bisogni Educativi Speciali, comporta difficoltà nella gestione dei movimenti quotidiani. Secondo le statistiche, i bambini hanno quattro volte più probabilità di essere colpiti dalla disprassia rispetto alle bambine.

Approfondisci. Leggi Quali sono le differenze tra BES e DSA.

La disprassia è un disturbo della coordinazione motoria, dove le abilità grosso-motorie e fino-motorie non arrivano al livello atteso rispetto all’età e allo sviluppo intellettivo. Per un bambino disprassico potrebbe essere difficile gesticolare e svolgere attività manuali, come vestirsi, allacciarsi le scarpe, ma anche comunicare emozioni e stati d’animo.

Chi fa la diagnosi di disprassia? Di solito un gruppo degli specialisti. Potrebbe farla un pediatra, un fisioterapista, un neurologo pediatrico oppure uno psicologo scolastico.

Nel caso di disprassia, la guarigione è possibile? Attualmente non esiste una terapia che sia in grado di risolvere del tutto il problema, però una terapia logopedista e psicomotricista adeguata in uno stadio precoce dell’età evolutiva può permettere al bambino di condurre una vita normale.

Disprassia verbale, orale e motoria

Gli specialisti distinguono tra disprassia verbale, orale e motoria. Bisogna tenere presente che la disprassia è prima di tutto un disturbo della coordinazione motoria, non legato al quoziente intellettivo.

Vediamo la differenza tra disprassia verbale e orale. La disprassia verbale è la difficoltà nel coordinare i movimenti necessari per produrre un linguaggio chiaro. La disprassia orale, invece, si riferisce alla difficoltà di coordinare i movimenti del tratto vocale in assenza di parola. Alcuni bambini con disprassia verbale hanno anche quella orale, ma non tutti.

Queste condizioni si possono verificare isolatamente o in combinazione ai disturbi di abilità motorie. Inoltre, anche in presenza di caratteristiche motorie e del linguaggio, potrebbe non trattarsi di disprassia.

Disprassia a scuola

Una delle domande frequenti è se la disprassia dia accesso alla Legge 104/92. Nonostante, come abbiamo visto, faccia parte dei BES, attualmente si può accedere alla certificazione ex L. 104/92, soltanto se la disprassia si presenta insieme ad altri disturbi.

La disprassia da sola non dà accesso alla legge 104. Tuttavia, è stato presentato un disegno di legge sulla disprassia per il suo riconoscimento come disabilità.

Vediamo adesso le difficoltà del bambino disprassico a scuola e cosa può fare l’insegnante.

Il bambino disprassico potrebbe avere difficoltà in attività come scrivere, disegnare, abbottonarsi, usare le posate, assemblare puzzle, fare attività sportive, costruire frasi.

Potrebbero anche essere presenti: iperattività e sonno agitato, ipersensibilità e fobie, facile affaticamento, difficoltà a orientarsi e a relazionarsi con il gruppo di pari.

Come aiutare un bambino disprassico a scuola

Come intervenire a scuola in caso di disprassia? Ecco cosa può fare un educatore o un insegnante:

  • suddividere i compiti in attività più brevi perché i bambini disprassici si stancano prima;
  • organizzare l’ambiente in modo che ci siano meno distrazioni;
  • dargli un tempo più lungo durante verifiche, esposizioni o compiti;
  • permettere loro di usare strumenti di sostegno, come fotocopie, computer o calcolatrici;
  • fornire loro istruzioni brevi e concise e guidarli passo dopo passo nelle attività;
  • scomporre i compiti complessi in compiti più semplici e basilari, soprattutto in ambito motorio;
  • usare musica e ritmo per rinforzare i movimenti, ecc.

Nel caso di terapia o interazione nell’ambiente scolastico il risultato auspicabile è quello di evidenziare il potenziale del bambino e le sue competenze, migliorando il suo livello di autostima e il suo adattamento sociale. Con un intervento adeguato, il bambino disprassico potrà avere una qualità di vita paragonabile a quella dei suoi coetanei.

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